Conversazione di Livio Partiti con Andrea Carraro
ANDREA CARRARO
"QUESTIONI PRIVATE"
POESIA OGGI
MARCO SAYA EDIZIONI
Congedarsi è l’atto, forse un po’ formale, di chi si allontana senza ipotecare il futuro con il peso di un addio. Eppure le parole di Carraro affondano nel ripetuto fallimento di prendere una volta per tutte le distanze da qualcosa o qualcuno, voltare le spalle, magari con una scusa, e andarsene. Il loro scopo è subito chiaro: porre fine a un’incertezza, essere definitive, provocare un addio, senza falsificarlo con vuote formule di cortesia, rimuovendo ogni puntello biografico, seppellendo memoria su memoria. Tra le macerie urlano ancora le mille morti che un uomo si dà vivendo ed è lì che resta intrappolato il dolore, in attesa di essere giustiziato dal tempo e mutilato dal corpo. Le due sezioni d’apertura (Ode al padre e Ode agli amici) costituiscono un unico incipit esteso, che assume spesso il tono di un invito a comparire, rivolto a imputati che sono anzitutto custodi e testimoni della coscienza di chi si appresta a liquidarli, giudicando se stesso. La sentenza è già scritta e non prevede assoluzione, ma solo discussione del caso, elencazione di colpe e discolpe, lettura finale delle ragioni e congedo. La prima ode sfiora alcuni temi della celebre lettera kafkiana, nella quale la figura paterna tende a stagliarsi su tutte le altre, aspra e intransigente col figlio. Qui non sono però contrapposti ammirazione e disprezzo verso un’autorità comunque riconosciuta, ma difficile da scalfire con le sole ragioni dell’adolescenza. Il padre, l’antagonista per natura, si trova costretto in una condizione di subalternità nel presente (rispetto al figlio) e nel passato (rispetto al proprio padre). È come se lo spazio di una generazione fosse saltato e questa mancanza dovesse venir riscattata. La falsificazione della firma sul libretto scolastico appare all’inizio poco più di un aneddoto, uno spunto qualsiasi per il racconto, ma introduce in realtà il tema di una sostituzione simbolica ben più profonda, utile alla rimozione della figura paterna, sulla quale si incentra l’intero componimento. Impossessarsi di un segno ha il valore di una iniziazione: si acquista il potere dei padri delle origini, se ne riconosce e impara la lingua per imitazione. Con questa premessa, la diade originale-derivato si modella a esprimere la progressiva corruzione di paternità-discendenza.
dalla prefazione di Federico Federici
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Andrea Carraro, scrittore italiano, è nato nel 1959 a Roma. Ha pubblicato con Gremese "A denti stretti" (1990); con Theoria "Il branco" (da cui Marco Risi ha tratto l'omonimo film); con Feltrinelli il melodramma sociale "La ragione del più forte" (1999); con Giunti "L'erba cattiva" (1996); con Rizzoli, due libri, "La lucertola" del 2001 e "Non c'è più tempo" del 2002. Con Gaffi, "Il Sorcio" nel 2007, con Hacca, "Il gioco della verità" (2009); con Ediesse, "Da Roma a Roma" (2009). Ha scritto recensioni e reportage per "l'Unità", per "Il Messaggero", per "La Repubblica". Vive a Roma.
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