Conversazione di Livio Partiti con Giovanni Tesio
GIOVANNI TESIO
"PAROLE ESSENZIALI"
UN SILLABARIO
INTERLINEA EDIZIONI
«L’uomo dotato è colui che mira all’essenziale e lascia da parte tutto il superfluo» è una delle prime citazioni in questo ricco repertorio («il mio piccolo vocabolario portatile») in cui Giovanni Tesio ci dimostra che una parola è un punto di partenza per un viaggio tra i sentimenti, i ricordi, gli scrittori che amiamo e nei quali (attraverso le parole) ritroviamo noi stessi e il nostro mondo. Come leggiamo in se non ora, quando? di Primo Levi, «un uomo deve pesare bene le sue scelte… e anche le sue parole».
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Giovanni Tesio, ordinario di letteratura italiana presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale e critico letterario di “La Stampa”-“Tuttolibri”, è nato a Piossasco (Torino) nel 1946. Tra i maggiori esperti di poesia in dialetto, è presente in alcune riviste scientifiche come il “Giornale Storico della Letteratura Italiana”, “Lettere Italiane”, “Belfagor”, “Critica Letteraria”, “Paragone” e “Studi Piemontesi”. Attento, sulla linea segnata da Carlo Dionisotti, alla geografia e alla storia della letteratura italiana, muove la propria attività di ricerca prevalentemente lungo i versanti del rapporto tra scrittura e territorio. Per Interlinea ha pubblicato il saggio I più amati. Perché leggerli? Come leggerli?, curando inoltre l’autobiografia-intervista di Sebastiano Vassalli Un nulla pieno di storie, l’antologia L’ombra della stella e la raccolta di racconti di Mario Soldati Un sorso di Gattinara.
dall'introduzione del libro "Parole Essenziali":
Ci sarà pure almeno un po’ di quanto Etty Hillesum dice nel suo Diario di sé: «Tutto quel divorare libri, sin dalla giovinezza, non è stato altro che una forma di pigrizia da parte mia. Lascio che siano gli altri a esprimersi al posto mio. Cerco ovunque la conferma di tutto ciò che si nasconde nel profondo del mio essere, eppure so che posso giungere alla chiarezza usando le mie parole».
Ma non tralascerei la gioia di convocare maestri, compagni, intelligenti e sensibili portavoce, interpreti e sapienti di cose e di parole, lungimiranti e anche disparati amici (quale che sia il loro grado di identità tra maschera e volto) che mi hanno dato la mano e a cui l’ho stretta. Non intellettuali aridi e sterili ma personalità capaci di accendere in me un fuoco di passione, o più semplicemente di cogliere una coincidenza e di incontrare – anche nella disparità – una qualche affinità (proprio per questo, con un poco di ironia e di spirito giocoso, avevo pensato ad un certo punto a un titolo come Vocabondario o Vocabondaggio).
Mi pare ancora di dover ammettere un debito nei confronti dei due “sillabari” di Goffredo Parise, che quando pubblicò il primo, scrisse: «Sentivo una grande necessità di parole semplici. Un giorno, nella piazza sotto casa, su una panchina, vedo un bambino con un sillabario. Sbircio e leggo: l’erba è verde, l’essenzialità della vita e anche della poesia. Pensai a Tolstoj che aveva scritto un libro di lettura non soltanto per bambini e poiché vedevo intorno a me molti adulti ridotti a bambini, pensai che essi avevano scordato che l’erba è verde, che i sentimenti dell’uomo sono eterni e che le ideologie passano». Non è necessario pensare che l’episodio del bambino sia vero. Più che la circostanza conta il senso. Da un lato il titolo rimanda propriamente al libro, in cui si apprendono i segni dell’alfabeto e la loro unione in sillabe e parole; dall’altro esso indica più allusivamente un percorso di lettura che mira al semplice e all’essenziale, alla condizione di un’elementare infanzia dei sentimenti compromessi, come nel crematorio (Il crematorio di Vienna), dallo strapotere consumistico degli oggetti e dall’anonima angoscia esistenziale del quotidiano.
L’accenno a Tolstoj non va forzato al di là del semplice rinvio, perché mentre lo scrittore russo mirava a costruire un vero strumento di lettura per l’infanzia, fatto di apologhi, di favole e di parafrasi di favole, i “sillabari” di Parise sono dei racconti che guardano all’infanzia solo come a una forma di riferimento ideale: aspirazione a una castità quasi primitiva di sentimenti e di parola, a una sorta di scuola primaria che renda capaci di scandire (sillabare) le cose della vita nella maniera più immediata.
Giovanni Tesio (Parole essenziali, Interlinea)
IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare