Conversazione di Livio Partiti con Graziella Bernabò
ANTONIA POZZI
"TI SCRIVO DAL MIO VECCHIO TAVOLO"
Lettere 1919 - 1938
a cura di Graziella Bernabò e Onorina Dino
ANCORA EDIZIONI
Quando Antonia Pozzi nasce è martedì 13 febbraio 1912: bionda, minuta, delicatissima, tanto da rischiare di non farcela a durare sulla scena del mondo; ma la vita ha le sue rivincite e … … Antonia cresce: è una bella bambina, come la ritraggono molte fotografie, dalle quali sembra trasudare tutto l’amore e la gioia dei genitori, l’avvocato Roberto Pozzi, originario di Laveno, e la contessa Lina, figlia del conte Antonio Cavagna Sangiuliani di Gualdana e di Maria Gramignola, proprietari di una vasta tenuta terriera, detta La Zelata, a, Bereguardo. Il 3 marzo la piccola viene battezzata in San Babila ed eredita il nome del nonno, primo di una serie di nomi parentali (Rosa, Elisa, Maria,Giovanna, Emma), che indicherà per sempre la sua identità. Antonia cresce, dunque, in un ambiente colto e raffinato: il padre avvocato, già noto a Milano; la madre, educata nel Collegio Bianconi di Monza, conosce bene il francese e l’inglese e legge molto, soprattutto autori stranieri, suona il pianoforte e ama la musica classica, frequenta la Scala, dove poi la seguirà anche Antonia; ha mani particolarmente abili al disegno e al ricamo. Il nonno Antonio è persona coltissima, storico noto e apprezzato del Pavese, amante dell’arte, versato nel disegno e nell’acquerello. La nonna, Maria, vivacissima e sensibilissima, figlia di Elisa Grossi, a sua volta figlia del più famoso Tommaso, che Antonia chiamerà “Nena” e con la quale avrà fin da bambina un rapporto di tenerissimo affetto e di profonda intesa. Bisogna, poi, aggiungere la zia Ida, sorella del padre, maestra, che sarà la compagna di Antonia in molti suoi viaggi; le tre zie materne, presso le quali Antonia trascorrerà brevi periodi di vacanza tra l’infanzia e la prima adolescenza; la nonna paterna, Rosa, anch’essa maestra, che muore però quando Antonia è ancora bambina. Nel 1917 inizia per Antonia l’esperienza scolastica: l’assenza, tra i documenti, della pagella della prima elementare, fa supporre che la bimba frequenti come uditrice, non avendo ancora compiuto i sei anni, la scuola delle Suore Marcelline, di Piazzale Tommaseo, o venga preparata privatamente per essere poi ammessa alla seconda classe nella stessa scuola, come attesta la pagella; dalla terza elementare, invece, fino alla quinta frequenta una scuola statale di Via Ruffini. Si trova, così, nel 1922, non ancora undicenne, ad affrontare il ginnasio, presso il Liceo-ginnasio “Manzoni”, da dove, nel 1930, esce diplomata per avventurarsi negli studi universitari, alla Statale di Milano.
Gli anni del liceo segnano per sempre la vita di Antonia: in questi anni stringe intense e profonde relazioni amicali con Lucia Bozzi ed Elvira Gandini, le sorelle elettive, già in terza liceo quando lei si affaccia alla prima; incomincia a dedicarsi con assiduità alla poesia, ma, soprattutto, fa l’esperienza esaltante e al tempo stesso dolorosa dell’amore. È il 1927: Antonia frequenta la prima liceo ed è subito affascinata dal professore di greco e latino, Antonio Maria Cervi; non dal suo aspetto fisico, ché nulla ha di appariscente, ma dalla cultura eccezionale, dalla passione con cui insegna, dalla moralità che traspare dalle sue parole e dai suoi atti, dalla dedizione con cui segue i suoi allievi, per i quali non risparmia tempo ed ai quali elargisce libri perché possano ampliare e approfondire la loro cultura. La giovanissima allieva non fatica a scoprire dietro l’ardore e la serietà, nonché la severità del docente, molte affinità: l’amore per il sapere, per l’arte, per la cultura, per la poesia, per il bello, per il bene, è il suo stesso ideale; inoltre il professore, ha qualcosa negli occhi che parla di dolore profondo, anche se cerca di nasconderlo, e Antonia ha un animo troppo sensibile per non coglierlo: il fascino diventa ben presto amore e sarà un amore tanto intenso quanto tragico, perché ostacolato con tutti i mezzi dal padre e che vedrà la rinuncia alla “vita sognata” nel 1933, “non secondo il cuore, ma secondo il bene”, scriverà Antonia, riferendosi ad essa. In realtà questo amore resterà incancellabile dalla sua anima anche quando, forse per colmare il terribile vuoto, si illuderà di altri amori, di altri progetti , nella sua breve e tormentata vita.
Nel 1930 Antonia entra all’Università nella facoltà di lettere e filosofia; vi trova maestri illustri e nuove grandi amicizie: Vittorio Sereni, Remo Cantoni, Dino Formaggio, per citarne alcune; frequentando il Corso di Estetica, tenuto da Antonio Banfi, decide di laurearsi con lui e prepara la tesi sulla formazione letteraria di Flaubert, laureandosi con lode il 19 novembre 1935. In tutti questi anni di liceo e di università Antonia sembra condurre una vita normalissima, almeno per una giovane come lei, di rango alto-borghese, colta, piena di curiosità intelligente, desta ad ogni emozione che il bello o il tragico o l’umile suscitano nel suo spirito: l’amore per la montagna, coltivato fin dal 1918, quando ha incominciato a trascorrere le vacanze a Pasturo, paesino ai piedi della Grigna, la conduce spesso sulle rocce alpine, dove si avventura in molte passeggiate e anche in qualche scalata, vivendo esperienze intensissime, che si traducono in poesia o in pagine di prosa che mettono i brividi, per lo splendore della narrazione e delle immagini; nel 1931 è in Inghilterra, ufficialmente per apprendere bene l’inglese, mentre, vi è stata quasi costretta dal padre, che intendeva così allontanarla da Cervi; nel 1934 compie una crociera, visitando la Sicilia, la Grecia, l’Africa mediterranea e scoprendo, così, da vicino, quel mondo di civiltà tanto amato e studiato dal suo professore e il mondo ancora non condizionato dalla civiltà europea, dove la primitività fa rima, per lei, con umanità; fra il 1935 e il 1937 è in Austria e in Germania, per approfondire la conoscenza della lingua e della letteratura tedesca, che ha imparato ad amare all’Università, seguendo le lezioni di Vincenzo Errante, lingua che tanto l’affascina e che la porta a tradurre in italiano alcuni capitoli di “Lampioon”, di M. Hausmann. Intanto è divenuta “maestra” in fotografia: non tanto per un desiderio di apprenderne la tecnica, aridamente, quanto perché le cose, le persone, la natura hanno un loro sentimento nascosto che l’obiettivo deve cercare di cogliere, per dar loro quell’eternità che la realtà effimera del tempo non lascia neppure intravedere. Si vanno così componendo i suoi album, vere pagine di poesia in immagini. Questa normalità, si diceva, è, però, solamente parvenza. In realtà Antonia Pozzi vive dentro di sé un incessante dramma esistenziale, che nessuna attività riesce a placare: né l’insegnamento presso l’Istituto Tecnico Schiaparelli, iniziato nel ‘37 e ripreso nel ’38; né l’impegno sociale a favore dei poveri, in compagnia dell’amica Lucia; né il progetto di un romanzo sulla storia della Lombardia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento; né la poesia, che rimane, con la fotografia, il luogo più vero della sua vocazione artistica. La mancanza di una fede, rispetto alla quale Antonia, pur avendo uno spirito profondamente religioso, rimase sempre sulla soglia, contribuisce all’epilogo: è il 3 dicembre del 1938.
Lo sguardo di Antonia Pozzi, che si era allargato quasi all’infinito, per cogliere l’essenza del mondo e della vita, si spegne per sempre mentre cala la notte con le sue ombre viola.
Onorina Dino
Biografia tratta da Antonia Pozzi. Nelle immagini l’anima: antologia fotografica,
a cura di Ludovica Pellegatta e Onorina Dino, Ancora, Milano 2007
ascolta la conversazione
GRAZIELLA BERNABO
Lettera inedita di Antonia Pozzi ad Antonio Maria Cervi
22 maggio 1932
[…]. N. [2], santità della mia vita: nemmeno uno, nemmeno uno dei nostri sogni deve vacillare dinnanzi ai tuoi occhi, impallidire. Tutti chiari e fermi, come giornate di sole, sicuri. Perché io sono la tua sposa e tu il mio sposo dolcissimo: e questo è quello che è: null’altro. N., tu non devi pensare che io non sappia attenderti; non devi più; perché saperti con quel pensiero è peggio che morire, per me; credilo […] io sono così serena nell’attesa di donarmi a te. Perché di te, quando nacqui, sapevo di dover essere: perché se no non sarei nata. La vita sarebbe un brutto scherzo stupido, se non potessi diventare la tua compagna, la mamma del bimbetto tuo
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Lettera inedita della madre ad Antonia Pozzi
22 agosto 1928
Cara fiolina – queste poche righe te le mando proprio per te sola per dirti tutto il bene che ti voglio per le grandi soddisfazioni che mi dai – Non devi badare se io sono semplice e di poche parole: madre natura mi ha fatta così! – ma io osservo molto – nel mio silenzio – e so tutto comprendere – compatire – aiutare… Per questo tu mi devi dare tutta la tua confidenza e dirmi tutto quanto ti passa nell’anima e nel cuore: vedrai che così il nostro affetto diventerà sempre più saldo – ci aiuteremo e sosterremo a vicenda e saremo felici! – In mezzo alla gioventù moderna quanto sono orgogliosa di avere una fiolina così diversa! così superiore a tutte con la sua semplicità e serietà! Che il Signore ti benedica per tutte le gioie che ci dai!…
Ciao cara… tanti baci dalla tua
mamma
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Lettera di Lucia Bozzi a Paolo, Piero e Olga Treves
luogo non precisato,13 dicembre 1938
Miei carissimi,
vorrei sapervi scrivere, almeno stasera. Ma ciò che avvenne fu così spaventoso, ch’io ne ho l’anima scardinata, e come divelta.
Dunque, mi proverò a narrarvi i fatti nudi, così. Giovedì sera c’era un concerto al Quartetto: Antonia venne con me. In macchina scherzammo, ricercando un tema da dare l’indomani ai miei ragazzi; nell’intervallo essa tentò di convincermi, perché il giovedì seguente, giorno dell’Immacolata e vacanza, andassi con lei al Breuil, a godermi il sole. Poi si fecero progetti per le vacanze di Natale: io insistevo per la solitudine di Camogli, lei per la neve di Misurina, dove aveva scritto proprio quel giorno. Al ritorno, in macchina, non parlava; ma c’era con noi la cugina di Torino[5] ed era tanto tardi, chissà. Nel salutarla, le strinsi la mano con tenerezza muta, come a significare che avrei voluto dirle tante cose.
L’indomani, ero tornata appena da Brescia, che venne la cameriera a dirmi che a casa erano tutti disperati, perché Antonia era uscita di scuola alle undici invece che all’una, dicendo che non stava bene e nessuno ancora l’aveva vista. Sbalordimento, poi paura. Corro con un taxis all’Ospedale: la trovo su un lettino di corsia: volto acceso, respiro forte, serrata in un sonno invincibile, atroce. Dopo un poco, arrivarono il Papà e Donna Lina. Furono due giorni di lotta disperata, violenta; per svegliarla da quel sonno pacato e ostinato, per aprirle gli occhi al nostro volto trepido, per scuotere il torpore muto delle membra già immobili. E nulla, e nulla. L’aveva trovata un contadino lungo un ciglio erboso, nella campagna solitaria, verso Chiaravalle; il mattino, dalle nove alle undici, in classe, aveva molto pianto, e i suoi bambini le erano andati intorno, premurosi, le avevano fatto, quando era uscita, gli auguri. Dio sa.
IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare
Per la prima volta tutte le lettere di Antonia Pozzi presenti nell’Archivio di Pasturo. Un epistolario di forte impatto emozionale, che conduce il lettore al cuore di una vita segnata da profondo dolore e, tuttavia, meravigliosamente aperta alla gioia e al mondo. In queste pagine la storia di Antonia, luminosa e tragica al tempo stesso, si snoda dalla spensieratezza dell’infanzia alla decisione del suicidio, sullo sfondo della società milanese, italiana ed europea degli anni Venti e Trenta. Dalle sue lettere emergono con particolare vivezza, accanto alla grande generosità verso gli altri, la profondità della riflessione intellettuale e lo slancio creativo che la portava alla poesia – vissuta come vocazione ineludibile – e alla fotografia, sentita come testimone di verità e di radicamento. - See more at: http://www.ancoralibri.it/index.php?route=product/product&product_id=7158#sthash.igbe2iY3.dpuf
Per la prima volta tutte le lettere di Antonia Pozzi presenti nell’Archivio di Pasturo. Un epistolario di forte impatto emozionale, che conduce il lettore al cuore di una vita segnata da profondo dolore e, tuttavia, meravigliosamente aperta alla gioia e al mondo. In queste pagine la storia di Antonia, luminosa e tragica al tempo stesso, si snoda dalla spensieratezza dell’infanzia alla decisione del suicidio, sullo sfondo della società milanese, italiana ed europea degli anni Venti e Trenta. Dalle sue lettere emergono con particolare vivezza, accanto alla grande generosità verso gli altri, la profondità della riflessione intellettuale e lo slancio creativo che la portava alla poesia – vissuta come vocazione ineludibile – e alla fotografia, sentita come testimone di verità e di radicamento. - See more at: http://www.ancoralibri.it/index.php?route=product/product&product_id=7158#sthash.igbe2iY3.dpuf
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