Conversazione di Livio Partiti con Vincenzo Gatti
A vent’anni dalla scomparsa e a ridosso del centenario della nascita di Mario Calandri (1914-1993), la Fondazione Bottari Lattes ricorda l’artista con una rassegna di opere scelte presso lo Spazio Don Chisciotte di Torino.
Curata da Vincenzo Gatti, l’esposizione inaugura martedì 26 novembre alle ore 18 e sarà aperta al pubblico fino a sabato 25 gennaio 2014 (orario: martedì-giovedì 15,30-19,30; venerdì e sabato 10-12,30 e 15,30-19,30).
La mostra presenta una ventina di opere pittoriche e grafiche, a sottolineare la rilevanza della figura di Calandri non solo nell’ambito della grafica incisa (di cui è considerato tra i massimi esponenti del Novecento), ma anche nel panorama della pittura del secolo scorso.
Artista capace, come pochi altri, di modellare la dimensione privata per farne teatro e metafora dell’intero mondo, Calandri – spiega Vincenzo Gatti – trova nella pittura, così come nell’incisione, il terreno fertile dove far vivere le sue fantasie: senza ombra di sentimentalismi né languori costruisce un universo dove il mistero dell’esistenza viene osservato (fino alle conseguenze più intime) con tenero stupore. Anche il gioco della memoria diventa pretesto per ritrovarsi, come in un’immagine riflessa, nelle presenze di oggetti, animali, figure, fantasmi illusori e allusivi.
Tutto poi è padroneggiato con una tecnica pittorica fulminante e sapientissima, che trascorre dall’acquerello all’olio, sapendone distillare, con magistrale libertà, gli umori più evocativi.
Nelle opere in mostra saranno presenti i temi più consueti dell’ispirazione Calandriana: le giostre, i baracconi-teatrini misteriosi e ambigui, le figure sospese tra realtà e finzione, i fiori che, anche nell’austero linguaggio dell’incisione, trepidano di ricordi e s’ammantano di riflessi lunari, i bagni popolati da svelte figurette di adolescenti.
Personalità appartata e schiva, egli tuttavia è ben attento alla contemporaneità: non ha bisogno di viaggi impegnativi per cogliere le sollecitazioni che gli vengono dal mondo dell’arte, ma sa filtrare con una libertà d’invenzione che ha pochi paragoni, gli stimoli più fecondi per la sua arte.
Per questo le sue opere, nella globalità dei linguaggi, stupiscono per l’unione di sentimento e tecnica, moti e forme, modernità e tradizione.
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Mario Calandri (Torino, 1914-1993) compie i primi studi artistici tra Firenze e Torino, dove torna nel 1932 e frequenta l’Accademia di Belle Arti, diplomandosi in pittura nel 1939 con Cesare Maggi, che lo richiede come assistente nel 1942. Dopo la parentesi bellica tuttavia sceglie l’assistentato con l’amatissimo maestro Marcello Boglione, responsabile, dal 1934, della rinata Scuola di Tecniche dell’Incisione dell’Albertina. Alla morte di Boglione (1957) gli succede come incaricato. Nel 1963 (dopo una breve parentesi a Brera) ottiene la cattedra nell’istituzione torinese, dove rimarrà fino al 1977, segnando con il suo magistero intere generazioni di incisori.
Nel 1940 esordisce alla Biennale di Venezia, risultando vincitore al Concorso Nazionale per l’affresco. In seguito sarà presente alla Biennale nel 1950, nel 1952 e nel 1958 con una personale. Nel 1960 gli viene assegnato il Premio per l’incisione all’ottava Quadriennale di Roma, e nel 1968 il Premio Internazionale della Grafica alla Biennale di Firenze.
Numerosissime sono le partecipazioni alle più significative rassegne nazionali e internazionali della grafica incisa, mentre rare e meditate sono le personali di pittura (tra le altre, nel 1964 a “La Bussola” di Torino, nel 1967 a Milano alla Galleria Gianferrari).
Soltanto in tempi recenti varie istituzioni hanno dedicato a Calandri importanti retrospettive, dando pieno riconoscimento alla figura dell’artista, pittore e incisore. (Trieste, 1992; Bari, 1993; Milano, 1995; Aosta, 1998; Torino, 2001; Cherasco, 2010).
Info al pubblico: 011 19771755 – [email protected]
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