Conversazione di Livio Partiti con Vanni Bianconi
Babel è il festival letterario centrato sulla traduzione, sia in senso stretto – scrittori che hanno uno stretto rapporto con più lingue o più culture a dialogo con i loro traduttori italiani, laboratori di traduzione, traduzioni tra le arti e pubblicazione di libri – sia come metafora di ospitalità linguistica, attraversamento e incontro.
Ogni anno Babel invita una lingua ospite, e questa si presenta sotto forma di scrittori, artisti, musicisti e traduttori: l’ungherese, le lingue balcaniche, gli inglesi uniti d’America, il russo, lo spagnolo messicano, le lingue della palestina, il polacco e il francese d’Africa, con ospiti come Derek Walcott, Amitav Ghosh, Mourid Barghouthi, Adam Zagajewski, Ismail Kadaré, Jamaica Kincaid, Ljudmila Ulickaja, Ruben Gallego, Paco Ignacio Taibo II, The Tiger Lillies, West-Eastern Divan Orchestra e András Keller.
Accanto alla programmazione letteraria, denominata «La parola oltre i confini», con «Oltre i confini della parola» Babel estende la sua ricerca agli altri linguaggi artistici. Completano il festival il Settore ricerca, Scuole, extraBabel, infraBabel.
Babel ha vinto il Premio svizzero di letteratura 2013 per la traduzione e mediazione letteraria e il Premio della Giuria.
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Babel ha vinto il Premio svizzero di letteratura 2013 per la traduzione e mediazione letteraria e il Premio della Giuria.
Come descrizione del festival riportiamo la laudatio pronunciata da Pietro De Marchi in occasione della consegna del Premio:
La distinzione federale per la traduzione e la mediazione letteraria è assegnata quest’anno a Babel, Festival di letteratura e traduzione di Bellinzona, per il contributo straordinario che ha saputo dare a quella superiore forma di ospitalità che nasce dalla traduzione letteraria e dagli scambi tra le lingue e le culture di regioni e paesi vicini e lontani.
«La traduzione è l’arte del possibile». L’aforisma con il quale il
grande poeta russo Iosif Brodskij parafrasò ironicamente il motto di
Bismark («La politica è l’arte del possibile») campeggiava all’inizio
del testo di presentazione della prima edizione di Babel, nel settembre
del 2006. E subito dopo gli organizzatori, citando un pensiero del
filosofo francese Paul Ricoeur, suggerivano che l’ospitalità linguistica
che sta alla base della traduzione può e deve essere presa a modello di
altre forme di ospitalità.
Era dunque ben chiaro fin dall’inizio l’intento esplicitamente etico, se
non politico, oltre che letterario del festival che si stava per
inaugurare. Alla traduzione come fatto ermeneutico ed estetico si
associava quell’apertura verso l’altro che della traduzione è una
premessa e una conseguenza, e insieme il desiderio di ospitare nella
propria lingua e nella propria cultura chi viene da un passato diverso,
da geografie lontane, da differenti esperienze linguistiche e sociali.
Come in altri festival o giornate letterarie, anche a Babel vengono
invitati scrittrici e scrittori disposti a leggere e a parlare in
pubblico delle proprie opere discutendo con i loro traduttori e le loro
traduttrici. E tuttavia la caratteristica che fin da subito ha
contraddistinto Babel, rendendolo unico nel panorama delle
manifestazioni culturali di questo genere, è il suo riproporsi di anno
in anno come un luogo di ascolto non solo e non tanto di singole voci,
sia pure altissime – a tenere a battesimo Babel venne nessuno meno che
Derek Walcott con la sua Odissea teatrale –, ma di tutto quel concerto
di identità e differenze che si esprimono in una lingua e testimoniano
di un passato e un presente ricchi di contrasti, innesti, trapianti. Non
sarà un caso che molte delle scrittrici e molti degli scrittori
invitati a Babel hanno avuto a che fare con la pluralità delle lingue e
delle culture, perché le vicende della storia o le biografie individuali
li hanno portati a vivere, per un certo periodo di tempo o per sempre,
lontano dal proprio paese d’origine.
Le lingue, insomma, prima ancora che gli scrittori e i traduttori, sono
le protagoniste di Babel. Così le lingue svizzere – il francese, il
tedesco, l’italiano, il romancio – sono state a turno al centro
dell’attenzione durante le prime edizioni di Babel, e lo saranno di
nuovo a partire dall’edizione di quest’anno 2013. Ma oltre a ciò, dal
comitato scientifico di Babel e dal direttore artistico, Vanni Bianconi,
è sempre stato proposto un vero e proprio viaggio alla scoperta di
altre culture e di altri paesi: l’Ungheria ricordata in occasione del
cinquantesimo anniversario dei fatti del 1956; la Russia vent’anni dopo
la caduta del Muro di Berlino; il Messico percorso da contraddizioni non
ancora risolte a duecento anni dalla guerra di indipendenza e a cento
dalla rivoluzione di Emiliano Zapata; la Polonia dei grandi poeti e
saggisti e degli uomini di teatro tra i più innovatori del Novecento. In
altre edizioni Babel si è confrontato con panorami ancora più
variegati, come nel 2008, quando ospiti sono stati gli Inglesi Uniti
d’America, e cioè quegli scrittori e quelle scrittrici che provenendo
dalle province dell’impero linguistico americano “ne estendono i confini
e ne ridefiniscono l’identità attraverso immaginari distanti e sintassi
diverse”; e anche la prossima edizione di Babel, quella del 2013,
seguirà questa rotta, proponendo un incontro ravvicinato con le
letterature francofone d’Africa. In altre edizioni ancora Babel ha
affrontato con coraggio temi delicati, come quando la letteratura ospite
è stata quella palestinese, espressione di popolo disperso che sulla
carta geografica del Medio Oriente non ha ancora trovato uno stato
sovrano legittimato dal riconoscimento di tutti; o ancora come quando
ospiti a Bellinzona sono state tutte le lingue e le letterature dei
Balcani, con il concorso di intellettuali e scrittori sloveni, croati,
serbi, bosniaci, albanesi.
Il motivo conduttore di Babel rimane l’incontro tra chi scrive e traduce
e chi legge per passione e per desiderio di allargare i propri
orizzonti. Ma di anno in anno molte altre iniziative di contorno si sono
sviluppate e sono ormai parte integrante del programma. Fin dalla prima
edizione, Babel ha proposto una selezione di film e documentari di
grande impegno e qualità (cineBabel), e una serie di performance o
spettacoli teatrali e musicali sempre legati al tema dell’edizione in
corso (artBabel).
Ma anche il Settore ricerca e il Settore scuole si sono ampliati:
accanto al frequentatissimo workshop di traduzione letteraria si è
aggiunto quello di traduzione per il cinema. Dalle proposte di lettura e
dai laboratori di traduzione è nata l’idea di una collana delle
Edizioni Casagrande, in cui ogni anno si pubblicano alcuni titoli di
narrativa, saggistica o poesia di autori invitati al festival, legati
alla lingua ospite o alle tematiche di Babel; alle manifestazioni
rivolte esplicitamente agli studenti delle scuole seguiranno proposte di
aggiornamento per insegnanti; il contatto con le università svizzere e
italiane si è intensificato, tanto che la Faculté de traduction et
d’interprétation dellʼUniversità di Ginevra e lʼUniversità degli Studi
di Milano riconoscono i workshop di Babel come validi per conseguire
alcuni crediti formativi.
Se Babel è nato a Bellinzona e Bellinzona resta il centro di Babel, non
per questo tutto si esaurisce dentro i confini della città e nei tre
giorni di settembre in cui il festival si svolge. Le iniziative di Babel
si estendono ad altri cantoni e ad altri paesi: da Roma, dove la
consolidata collaborazione con l’Istituto Svizzero di Villa Maraini ha
portato alla creazione di una residenza per traduttori, a Zurigo e a
Ginevra, dove gli autori di Babel saranno ospiti del Literaturhaus e
della Maison de la littérature.
Per l’originalità della sua proposta, che riesce a coinvolgere ogni anno
un numeroso pubblico, e per la capacità di irradiare iniziative
collaterali di notevole qualità, Babel merita il riconoscimento che
l’Ufficio federale della cultura gli attribuisce.
Pietro De Marchi
IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare