Conversazione
di
Livio Partiti
con
LUCA MASSIMO BARBERO
"SCANAVINO. DIPINTI SU CARTA"
ELECTA
Il curatore Luca Massimo Barbero, autorevole critico d'arte,
utilizza questo repertorio di dipinti come possibile primo
'portolano' con cui orientarsi nella costellazione luminosa e
segnica di Scanavino: le opere su carta si sviluppano infatti
come una costante operativa dell'artista, dagli esordi
caratterizzati dalle influenze postcubiste, agli anni Cinquanta
sfondo di un'arte più tormentata, fino ai lavori ultimi in cui
l'autore si avvicina all'astrattismo.
Ad arricchire il volume alcune nuove opere su carta emerse di
recente, dipinti inediti che il tempo ha restituito e che ora si
ritrovano per la prima volta pubblicate in questa occasione.
Un volume determinante per avere una panoramica
esaustiva dell'intero percorso dell'artista ligure Emilio
Scanavino.
ascolta qui la conversazione
Il volume presenta il più esteso repertorio esistente dei dipinti su carta dell’artista Emilio Scanavino
(1922-1986), uno dei principali protagonisti italiani della scena
artistica internazionale dal secondo dopoguerra. Egli durante la sua
carriera utilizza ininterrottamente varie tecniche su carta, dipingendo
così fin dagli esordi un percorso che lo porta, anche grazie alla
caratteristica dell’operare su varie tipologie di fogli, a creare quel
suo caratteristico linguaggio informale e segnico con cui s’identifica
la maturità di questo straordinario artista. La carta è inoltre
fondamentale luogo tecnico in cui Scanavino sperimenterà negli ultimi
lavori una rarefazione del segno e il raggiungimento di quella sintesi
che lo conferma uno dei maggiori interpreti dell’arte italiana del suo
tempo. Sono lavori per lo più inediti, pubblicati per la prima
volta in questa occasione, grazie alla fondamentale collaborazione
dell’Archivio Emilio Scanavino.
Luca Massimo Barbero, autore del volume, sottolinea come nello spazio
della pittura di Scanavino si avverta sempre un’eco, sospesa, profonda …
quasi sia per lui possibile tracciare l’emozione del materializzare
l’essenza del mistero delle cose, della scoperta intera, intensa, di un
nuovo presentarsi della realtà … La sua è la conquista di uno stato, un
momento irripetibile, conseguita attraverso una forma di fremente attesa
e di inquieta chiarezza, dove tutto è in perpetua instabilità eppur
costruzione superiore, quasi una lucida struttura del destino.
I dipinti su carta, grazie alle ridotte dimensioni, consentono a
Scanavino di utilizzare il segno come mezzo per distribuire nello spazio
luce e oscurità; come impulso improvviso che dà senso, espressione,
forma e struttura. Il suo intento di costruire una “cosa viva”, una
discussione, una meditazione restituisce una visione del mondo,
un’epifania nello spazio di un’esistenza sospesa. A queste strutture, a
queste impalcature di spazio, corrispondono delle apparenti aperture:
parti di campo bianco, celle geometriche, lasciate candide, come uno
spazio divenuto luogo metafisico senza confini; altre sono interrotte,
violate, trafitte dal percorrerle del segno, occluse dall’invasione del
colore, con una vitalità di natura conflittuale. Allo stesso modo le
geometrie di colore, anime pure di tracce luminose, creano una zona
d’azione che si contrappone allo spazio buio e che va a costruire
architetture esistenziali.
Scanavino attua un’esplorazione continua: le simbologie
della geometria tornano come vere e proprie icone, vissute nel corso
degli anni come ossessive presenze. Il cerchio spezzato, l’arco, il
triangolo, la freccia in flessione si lasciano impossessare dalla trama
del segno, avvolgere come in un possibile annientamento lontano da ogni
presente, in un tempo che è ignoto, misterioso, come l’avvenimento
stesso della rappresentazione.
§
BIOGRAFIA
Emilio Scanavino nasce a Genova il 28 febbraio del 1922. Il
padre Sebastiano è teosofo e la madre, Maria Felicina Sterla, è fervente
cattolica. Queste due culture determineranno in seguito il conflitto
interiore, che caratterizza la personalità e l’espressione dell’artista.
Nel dopoguerra si sposa con Giorgina Graglia, conosciuta durante gli
anni del liceo; lavora come disegnatore tecnico presso l’amministrazione
comunale di Genova e aderisce al clima di rinnovamento culturale e
artistico della sua città. Nel 1947 si reca per la prima volta a Parigi
dove soggiorna qualche tempo e, accanto ai critici, incontra i poeti e
gli artisti, Edouard Jaguer, Wols, Camille Bryen. Nel 1949 nasce il
figlio Sebastiano.
Nel 1950 alla XXV Biennale di Venezia espone Soliloquio musicale
e suscita l’attenzione della critica. Si dedica completamente alla
pittura, affermandosi da questo momento in avanti nell’ambito dell’arte
contemporanea internazionale. Nel 1951 s’inaugura una mostra personale
alla Apollinaire Gallery di Londra. Conosce Philip Martin, Eduardo
Paolozzi e Francis Bacon: le opere di quest’ultimo in particolare
lasciano in Scanavino un segno profondo. Ad Albisola, in Liguria,
frequenta il laboratorio di ceramica di Tullio d’Albisola, dove incontra
e stringe amicizia con Fontana, Dangelo, Baj, Dova, Crippa, Jorn,
Appel, Corneille del gruppo Cobra, Matta, Lam. In questo periodo
incontra anche Carlo Cardazzo, destinato a diventare nel giro di poco
tempo il suo attento e lungimirante mercante.
Negli stessi anni il critico Guido Ballo e i galleristi Le Noci, Schwarz
e Gastaldelli si interessano alla sua ricerca. Nasce la figlia Paola.
Nel 1953 gravita intorno al gruppo milanese degli spazialisti, che ha
come punto di riferimento la Galleria del Naviglio, senza mai aderire
ufficialmente agli intenti del movimento, e sarà inserito nel volume di
Giampiero Giani Spazialismo: origini e sviluppi di una tendenza
artistica, pubblicato nel 1956.
Nel 1954 Scanavino è nuovamente invitato a esporre alla XXVII Biennale di Venezia, partecipa al primo degli Incontri Internazionali della ceramica, organizzati ad Albisola da Jorn. Nel 1955 riceve il Premio Graziano.
La poetica dell’informale si delinea nel segno e nella materia. Entra
in contatto con Peppino Palazzoli della Galleria Blu, sensibile alle più
contemporanee ricerche della poetica dell’Informale europeo.
Nel 1956 Scanavino alterna il soggiorno parigino a brevi viaggi a
Londra. É in questi anni, più precisamente nel 1957, che avviene
l’incontro anche con un giovane critico, che sarà uno degli studiosi
dell’Informale italiano ed europeo, Enrico Crispolti. Nascono in questo
periodo i primi Rituali e gli Alfabeti senza fine, i
temi che ricorrono nella pittura di Scanavino: il segno si fa
protagonista sulla tela di un racconto ritmato, di un tempo sospeso, di
pieni e vuoti di presenze suggestive, evocate nell’ombra dello studio o
nella natura di Calice Ligure, dove, alla fine degli anni Sessanta,
Scanavino sposterà il suo studio per alcuni periodi dell’anno.
Nel 1958 è invitato alla XXIX Biennale di Venezia riceve il Premio Prampolini
e al X Premio Lissone (Premio acquisto per l’Ecce Homo, 1956-1957). Si
trasferisce con la famiglia a Milano e inizia un rapporto esclusivo con
Cardazzo. Conosce Gianpiero Giani, Gillo Dorfles, Roberto Sanesi, Franco
Russoli e Alain Jouffroy. Nel 1960 è invitato alla XXX Biennale di Venezia con una sala personale. Nel 1965 Scanavino espone alla Quadriennale e nel 1966 è di nuovo protagonista alla Biennale di Venezia con una sala personale in cui espone grandi tele, accompagnate in catalogo da un saggio di Guido Ballo.
Nel 1971 si trasferisce per qualche tempo a Roma ed è invitato alla
Biennale di San Paolo del Brasile insieme con Alik Cavaliere: i due
artisti realizzano l’opera-installazione Omaggio all’America Latina,
un grande retablo in omaggio ai martiri per la libertà dei popoli
latinoamericani. Lungo gli anni Settanta Scanavino trascorre periodi
sempre più lunghi nella sua casa di Calice Ligure; il suo segno si
semplifica e si raccoglie in griglie o architetture geometriche, che
preludono a una riflessione sull’oggettivazione della pittura.
Nel 1973 la Kunsthalle di Darmstadt gli dedica una vasta e approfondita
antologica. La mostra, modificata in alcuni punti, è itinerante in
Italia, a Venezia a Palazzo Grassi e a Milano a Palazzo Reale. Tra il
1984 e il 1985 si svolge una sua mostra personale a Firenze al Palazzo
dei Congressi e a Tours, presso il Chateau de Tours.
Muore a Milano il 28 novembre del 1986.
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